di Maria Berri e Rocco De Luca, Sogni&Bisogni – 17 Novembre 2022
Nella verdeggiante spianata situata nell’ultimo tratto di appartenenza alla città di Bologna, lungo via degli Stradelli Guelfi, tra San Lazzaro di Savena e Villanova di Castenaso, sorge il villaggio sostenibile e solidale denominato Giardino dei Folli.
Il villaggio comprende quattro edifici, circondati da alberi di varia natura come faggi e ciliegi, da siepi e da campi coltivati a grano ed erba medica. Tutte le abitazioni sono disposte a ferro di cavallo e hanno l’affaccio su una piazza che è il cuore della comunità e l’agorà della vita quotidiana.
L’incontro con i cohouser
Il Giardino dei folli è un cohousing, vale a dire un insediamento di unità abitative per famiglie e single che si sono scelti tra loro e hanno deciso di vivere come una comunità di vicinato.
In una calda giornata autunale, noi della redazione di Sogni e Bisogni, abbiamo incontrato cinque componenti del gruppo: Luca e la moglie Valeria, Giordana, Anna e Alessandro, che ci hanno accolti con caffè e biscotti nella piazza centrale del cohousing.
“Chi vive nel villaggio pratica un modo di abitare lontano dallo stress e dal caos della vita cittadina”, spiega Luca Sasdelli.
Le motivazioni alla base del progetto sono l’aspirazione a ritrovare dimensioni perdute di socialità, di aiuto reciproco, di buon vicinato e contemporaneamente il desiderio di ridurre la complessità della vita e dei costi di gestione delle attività quotidiane.
“Il cohousing è un gruppo di pari – aggiunge Luca – in cui vige lo scambio gratuito di competenze. Chi di noi ha capacità in un determinato campo svolge le attività necessarie per soddisfare i bisogni della comunità (falegnameria, orto, giardino, idraulica, impianti elettrici…). Esiste una turnazione per le piccole manutenzioni, come le pulizie, che coinvolge tutti i nuclei familiari del cohousing.
Io mi occupo in prevalenza della connettività dati e Internet, con la gestione dei ponti radio 4G+ e della distribuzione locale in fibra ottica agli alloggi”.
Perchè è stato scelto il nome Giardino dei folli?
È stato utilizzato il termine “giardino” perchè tutte le volte che i componenti del gruppo fissavano un appuntamento sul luogo dicevano di incontrarsi nel giardino, dato che in precedenza c’era un vivaio denominato “Garden”.
Mentre è stata scelta la parola “folli” perchè per intraprendere un progetto di tale portata, ambizioso e particolare sono occorsi coraggio, fiducia reciproca e un pizzico di follia, come racconta Giordana, la persona più anziana del gruppo che si è inserita per ultima, grazie alla figlia che le ha fatto conoscere questa realtà. “Il progetto di cohousing risponde al mio bisogno di sicurezza, di collaborazione, di fiducia, e di buone relazioni. – spiega – Conoscendo gli altri abitanti ho provato subito empatia poiché condivido con loro gli stessi valori. Ora faccio parte di una comunità”.
Giordana mette in evidenza anche le innumerevoli difficoltà che hanno dovuto superare per raggiungere determinati obiettivi. Il gruppo si è sottoposto a un super lavoro sia fisico che di relazione perchè non tutti hanno avuto gli stessi ritmi e c’è voluto tempo per far comprendere ai più titubanti la bontà di certe soluzioni, applicando l’arte della maieutica, che in pedagogia vuol dire partecipare attivamente sapendo interagire.
Chi sono i protagonisti e la loro storia
“I primi incontri tra di noi hanno avuto inizio nel 2014 e solo nel 2020 siamo entrati nel villaggio – spiega Luca – Era l’inizio del lockdown e abbiamo vissuto quel periodo abbastanza bene, anche se al passaggio degli elicotteri che controllavano la zona ci allontanavamo dalla piazza per non creare assembramenti, nonostante le mascherine e la distanza”.
Il percorso è stato intrapreso da 16 famiglie in cui erano presenti ex scout e membri un gruppo di acquisto solidale (Gas), ma una di esse non ha più proseguito sia per problemi economici che di scelte comuni. Quindi, oggi sono insediati 15 nuclei con persone che vanno dai 3 ai 75 anni. Tra di loro ci sono insegnanti e infermieri, uno psichiatra, un medico generico, due psicologhe e due operatori socio-sanitari.
“Ci siamo fatti aiutare da una facilitatrice che ha effettuato sedute periodiche per verificare l’avanzamento dei progressi – dice Luca – Questa è la nostra forza: stare in gruppo per essere vincenti”.
La struttura del cohousing
I cohouser sono tutti proprietari delle loro abitazioni. “Siamo partiti – dice Sasdelli – costituendoci in cooperativa edilizia fino al momento in cui è stata completata la costruzione degli edifici, in seguito abbiamo chiuso la cooperativa e sostanzialmente l’abbiamo trasformata in un’associazione di promozione sociale”.
Con la logica del cohousing ciascuna famiglia ha il proprio alloggio e può usufruire di spazi comuni.
Tra questi c’è innanzitutto la piazza dove affacciano gli edifici che è diventata un luogo di ritrovo nelle giornate di sole. La domenica mattina una cohouser prepara il caffè per tutti, poiché le piace creare momenti di convivialità. Inoltre, gli abitanti si riuniscono spesso nella piazza per verificare le attività in corso e lo stato di benessere del gruppo. “Lavoriamo molto sulla formazione specifica per mantenere sempre una linea convergente – spiega Luca – Abbiamo anche scritto una vera e propria Carta degli Intenti in cui sono definiti gli obiettivi comuni a tutti”. La carta è stata sottoscritta e poi inoltrata al Comune di Bologna, dove è depositata.
In futuro è prevista la costruzione di un quinto edificio aperto anche alla cittadinanza; ospiterà un salone polivalente di circa 120 mq per conferenze, cori, feste e altre attività, e un mini appartamento che verrà utilizzato per accogliere persone segnalate dai servizi sociali.
Nello spazio verde c’è l’orto grande dove si trova un’area ortiva a forma circolare comune a tutti e piccoli orti individuali dove ognuno coltiva ortaggi seguendo le proprie passioni.
Inoltre, ci sono un parco giochi e un cortile dove razzolano galli e galline denominato l’edificio dei pennuti. Nel bacino d’acqua adiacente vivono alcune anatre.
Il metodo del consenso
Valeria, la moglie di Luca, spiega che, prima ancora di concretizzare la realizzazione delle unità abitative, il gruppo ha elaborato una carta dei valori confrontandosi in diverse sessioni per stabilire quali valori condividere e verso i quali tendere come singoli, come famiglie e come guppo. Dalla carta dei valori è scaturito il regolamento, che non è un vero e proprio regolamento di condominio.
Al Giardino dei Folli non c’è infatti la regola della maggioranza obbligatoria ma si utilizza il metodo del consenso (un metodo che integra nelle decisioni anche la minoranza) che permette di ottenere via via delle restrizioni sempre più piccole per quanto riguarda le scelte da operare fino a giungere a una situazione di compromesso che effettivamente accontenti tutti.
Le difficoltà burocratiche e le scelte tecnologiche
Il gruppo ha dovuto affrontare molte difficoltà di natura burocratica e tecnica. Non è stato facile mettere attorno al tavolo personale tecnico e politico. I maggiori intoppi sono stati causati dalla realizzazione delle abitazioni con tecnologie avanzate per ottenere un maggiore rendimento energetico.
L’impianto di fitodepurazione si è reso necessario in quanto non c’è una rete fognaria, quindi utilizzando le piante si assorbono le sostanze nutritive dalle acque nere di scarico delle case: dopo essere state filtrate tramite tre passaggi le acque vengono convogliate in un bacino di raccolta per irrigare il parco e l’orto. Invece le acque grigie, cioè quelle provenienti dagli scarichi di lavandini e docce passano in un impianto diverso in cui vengono filtrate, pulite, disinfettate e utilizzate per gli scarichi dei wc.
Viene effettuata anche la raccolta dell’acqua piovana che alimenta ulteriormente il bacino di raccolta. Per cui il consumo di acqua è veramente ridotto ai minimi termini. L’acqua potabile proviene dalla rete idrica urbana.
Per quanto concerne la raccolta dei rifiuti organici si ricorre alla tecnica del compostaggio per ottenere il compost, vale a dire terriccio organico stabile, inodore e ricco di nutrienti perfetto per fertilizzare il terreno.
La tipologia delle abitazioni e la norma comunale
“Questa è una zona agricola di rilievo paessaggistico ed essendo un terreno riconvertito in edificabile avrebbe potuto alloggiare solo un nucleo familiare, ad esempio il contadino proprietario dell’appezzamento – spiega Luca – Oggi invece è possibile avere più nuclei familiari in quanto zona di cohousing”. All’inizio dell’impresa il Comune di Bologna non contemplava il cohousing come attività solidale e abitativa Gli abitanti del Giardino dei folli, grazie all’ex presidente della cooperativa edilizia, Roberto Ballarini, e agli architetti che hanno progettato le case, hanno poi avuto una stretta collaborazione con il settore urbanistica e il risultato è che oggi nel Rue (Regolamento urbanistico edilizio) del Comune di Bologna è stato inserito l’articolo 32 bis che dà a chi volesse costruire un cohousing a Bologna i riferimenti normativi. Uno di questi criteri riguarda la superficie minima degli alloggi che, in questa zona, non può essere normalmente inferiore a 75 metri quadrati, ma grazie al riconoscimento di cui gode il cohousing, ci sono persone sole, come Giordana e Anna, che hanno avuto la possibilità di abitare in alloggi più piccoli.
Le case in legno sono state costruite da un’azienda austriaca e disegnate con la modalità della progettazione partecipata, tenendo conto dei desideri dei futuri fruitori per trovare soluzioni che accontentassero tutti.
Le abitazioni hanno un potenziale di efficienza termica estremamente elevato e l’anno scorso i primi dati sul rendimento energetico hanno misurato solo un consumo nell’anno di 18 kilowattora per mq/anno rispetto a un condominio classico in mattoni che ne consuma 220 Kwh.
Il riscaldamento e raffrescamento delle case è a pavimento. Il ricambio di aria avviene con un sistema di ventilazione meccanica controllata che garantisce una costante immissione di aria pulita negli ambienti interni, regola l’umidità e grazie al recuperatore di calore assicura anche il risparmio energetico. È un sistema innovativo ma ancora poco conosciuto nel nostro Paese.
La solidarietà tra famiglie
Un altro aspetto importante è quello della solidarietà economico finanziaria. “Non tutti sono partiti con le stesse possibilità e alcuni di noi hanno aiutato economicamente chi non ne aveva le possibilità – spiega Sasdelli – Tante sono state le difficoltà, ad esempio le banche non concedevano mutui a persone anziane, quindi è stato fondamentale il mutuo aiuto per realizzare il nostro sogno. È stata la dimostrazione di una fiducia reciproca, di stima e del fatto che crediamo fermamente in questo progetto”.
L’importanza della socialità
La Carta dei principi del Giardino dei Folli si basa sulle tre sostenibilità: economica, ambientale e sociale. Anche l’estetica di questo insediamento è sostenibile: le finestre che danno nell’area giorno affacciano sulla piazza e questo aiuta la socializzazione, l’incontro e la relazione tra gli abitanti.
Finanche gli accessi sono tutti convergenti sulla piazza, per cui quando si esce di casa si incrociano altre persone e si mantiene la vivacità del contatto. “È sempre una festa uscire di casa e incontrare persone che conosci e salutarle, cosa che nei condomini non sempre accade”, dice Valeria.
I rapporti con le istituzioni e con il territorio
I cohouser hanno intenzione di intraprendere un percorso di collaborazione con il Comune di Bologna presso il quale è già stato depositato un accordo, e nel contempo hanno preso contatti con il quartiere San Donato-San Vitale. L’obiettivo è coinvolgere la cittadinanza e valutare come lavorare insieme con il Comune su determinate situazioni che richiedono supporto di ogni tipo, compatibile con le loro conoscenze. Una di queste realtà è rappresentata da Piazza dei Colori, che si trova nella zona Croce del Biacco nel quartiere San Donato-San Vitale, una zona ad altissima mescolanza culturale con diverse problematiche e in cui sono attive molte realtà di volontariato. “Non è una situazione facile ma vorremmo mettere a disposizione le nostre competenze”, spiega Luca.
Il cohousing e la Salute Mentale
Luca è stato coinvolto nel Progetto Recovery dell’Ausl di Bologna per la realizzazione del quale i cohouser hanno offerto ospitalità per uno dei 32 tavoli tematici allestiti per la Giornata mondiale della Salute Mentale. “C’è un forte interesse del Dipartimento di salute mentale nei nostri confronti – spiega – perché questo cohousing potrebbe essere un modello da replicare per aiutare la collettività. L’abitare solidale può essere vincente nell’inclusione sociale di chi rischia di essere relegato ai margini della società”.
Luca e Valeria operano come volontari gestendo corsi di psico-educazione per i familiari di persone con disturbo di personalità borderline nel Centro di salute mentale Mazzacorati e nella Casa della Salute di Via Nani a Borgo Panigale. Ci sono stati anche interventi dello stesso tipo fuori dalla Regione.
“Nell’ambito della salute mentale si sta sviluppando la consapevolezza che non bastano le terapie farmacologiche ma è importante tessere maggiori relazioni sociali per integrare le persne disagiate. Vivere nel cohousing serve a uscire dall’isolamento domestico perchè all’esterno trovano un contesto che le motiva e le coinvolge. In tal modo si sentono parte della comunità”, spiega Luca.
Il gruppo ha, da poco, organizzato un incontro con un geriatra sul tema dell’Alzheimer per far fronte alle criticità con cui potrebbe venire a contatto.
Nel salutarci Giordana si congeda con queste parole: “Senza sogni non si va da nessuna parte. Noi siamo l’incarnazione del nostro sogno”.
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